Il vialetto con le fioriere centrali di piccoli oleandri divide il passo ciabattato dei bagnanti fra quelli che andranno da una parte, e quelli che andranno dall’altra.
Quest’anno svolto a sinistra dopo dieci estati, dieci lunghe estati della mia vita.
Infine per me non cambia molto: solo più silenzio e tranquillità, perchè molto spesso, escluse giornate sempre più eccezionali, preferisco isolarmi con la musica ed il libro del momento.
Torno a casa mentre un’armata di nuvole nere e basse avanza verso la proiezione del sole: tempo un paio d’ore al massimo e verrà giù una cascata di pioggia battente.
Sul muretto di recinzione di un fazzoletto di pineta superstite c’è ancora, sbiadita, una scritta enorme e rossa:” Erica ti amo”. Conosco la mano adolescente che un anno fa, nottetempo, andò a vergare quel messaggio d’amore di fronte alla casa di una ragazzina bruna con gli occhi scuri.
A sedici, diciassette anni senti di amare ogni sguardo che si posa benevolo su di te, ed ogni sorriso ti sembra il coronamento di un sogno.
Non è solo una banale serie di impennate ormonali: è la piacevolissima certezza che il proprio essere, ancora instabile ed insicuro, riceva attestazioni di valore dall’indice di gradimento riscosso.
Ci siamo passati tutti.
I miei diciassette li rivedo seduti al tavolino del bar di un lido che c’è ancora, all’epoca gestito da una coppia di forlivesi i cui figli erano diventati nostri amici. Poca voglia di sole e di mare: si rimaneva su, a chiacchierare per ore, e ad ascoltare i successi dell’estate al juke box.
Ma quella improvvisa voglia di respirare che sbloccava l’apnea da ansia è oggi la stessa di allora.
Ti amo Erica, Johnny, Raffaele, Giorgia.
Forse quelli sono gli amori più veri, anche se durano il tempo di un’estate.
Quest’anno svolto a sinistra dopo dieci estati, dieci lunghe estati della mia vita.
Infine per me non cambia molto: solo più silenzio e tranquillità, perchè molto spesso, escluse giornate sempre più eccezionali, preferisco isolarmi con la musica ed il libro del momento.
Torno a casa mentre un’armata di nuvole nere e basse avanza verso la proiezione del sole: tempo un paio d’ore al massimo e verrà giù una cascata di pioggia battente.
Sul muretto di recinzione di un fazzoletto di pineta superstite c’è ancora, sbiadita, una scritta enorme e rossa:” Erica ti amo”. Conosco la mano adolescente che un anno fa, nottetempo, andò a vergare quel messaggio d’amore di fronte alla casa di una ragazzina bruna con gli occhi scuri.
A sedici, diciassette anni senti di amare ogni sguardo che si posa benevolo su di te, ed ogni sorriso ti sembra il coronamento di un sogno.
Non è solo una banale serie di impennate ormonali: è la piacevolissima certezza che il proprio essere, ancora instabile ed insicuro, riceva attestazioni di valore dall’indice di gradimento riscosso.
Ci siamo passati tutti.
I miei diciassette li rivedo seduti al tavolino del bar di un lido che c’è ancora, all’epoca gestito da una coppia di forlivesi i cui figli erano diventati nostri amici. Poca voglia di sole e di mare: si rimaneva su, a chiacchierare per ore, e ad ascoltare i successi dell’estate al juke box.
Ma quella improvvisa voglia di respirare che sbloccava l’apnea da ansia è oggi la stessa di allora.
Ti amo Erica, Johnny, Raffaele, Giorgia.
Forse quelli sono gli amori più veri, anche se durano il tempo di un’estate.
Non volevo essere invadente. Ero solo curioso di leggere il tuo primo post e mi è piaciuto molto.
Non lo sei stato affatto.
In realtà questi scritti appartengono ad un altro blog che ho distrutto strada facendo (è dal 2006 che faccio e disfo). C’erano tanti bei commenti (al tempo in cui i blog erano popolari, e facebook molto meno). Poi, durante il trasbordo, ho perso tutti i commenti, e me ne rammarico ancora oggi, visto che erano essi a dare lustro ai miei scritti.
Grazie. :)