Qualche sera fa ero in auto, davanti al cancello di casa, ad aspettare che mio figlio scendesse.
– Ma’, se hai fretta vai, perchè ci metto almeno dieci minuti.
– Nessun problema, nessuna fretta.
Quasi insieme a lui entra in cortile un uomo che infila la porta del commercialista che ha lo studio sotto. Lo conosco di vista: ha un negozio di abbigliamento per bambini.
Di statura media, è quasi calvo e tracagnotto. Indossa un giubbino che lo rende ancora più goffo, e cammina con le gambe arcuate. Alla John Wayne, per intenderci.
Non è palesemente il tipo estetico che preferisco, e giuro che nella mia descrizione non c’è nemmeno l’ombra di qualcosa che possa anche solo minimamente assomigliare al disprezzo.
Ma il punto non è questo.
– Come farà l’amore?– mi sono chiesta guardandolo caracollare verso lo studio.
Ho proiettato per me stessa un brevissimo film mentale: l’uomo è focoso e potente, ma poco attento ad attenzioni e preliminari.
Così, per ingannare l’attesa nel silenzio e nel buio della mia sempiterna twingo color puffo strozzato, ho preso ad osservare la fauna maschile di passaggio.
R., che è un bell’esemplare, già protagonista di un vecchissimo sogno che riportai fedelmente in un vecchissimo post, probabilmente è annoiato dalla vita coniugale, ma ha due figli e, per quel che ne so, è uno che mai tradirebbe sua moglie.
Assolve ai suoi doveri con diligenza, ma senza vera passione.
Il galletto nel pollaio, cioè l’unico impiegato maschio del commercialista, alto, ben costruito e moro, sui trenta, è appetibile, senza dubbio, ma…ipotizzo sia bravo sì, ma solo a mostrare quanto è bravo.
Il marito di mia cugina era un bel tipo: il lavoro sedentario e il caratterino di sua moglie lo hanno imbolsito e gli hanno dipinto sul viso un’espressione corrucciata che non sparisce nemmeno se ride.
Quando lo fa, se lo fa, sfoga l’appetito del momento e domani è un altro giorno, come tutti quelli che lo tediano da un lungo rosario di anni.
Mio cugino, invece (il mio è un condominio ad alto tasso parentale, ma ci si incontra solo per strada), probabilmente si addormenta durante. Ma in fondo è sempre stato un’acqua cheta: così cheta che sta con la stessa donna dai tempi del liceo.
E adesso hanno trentasei anni e nessun figlio perchè lei vuole prima uscire da una situazione di precarietà scolastica che a me dà da pensare, considerato che mia sorella, che ha qualche anno più di loro, precaria ci invecchierà.
Mentre mi attorciglio fra i tentacoli dei miei pensieri sconnessi un’auto si accosta dall’altra parte della strada privata, parallela alla mia.
Mi chino fingendo di cercare qualcosa nel vano portaoggetti, perchè lui è un mio antico spasimante, ed io non ho voglia di saluti nè di convenevoli ipocriti.
Che ci fa dalle mie parti?
Va dal commercialista, dall’architetto o in ludoteca a giocare con i cubi di plastica? Ha più o meno la mia età, e una figlia che ha due anni più dell’unno.
Lo vedo allontanarsi in fondo alla strada, e subito perdo la cognizione del tempo per rituffarmi un attimo a pensare a quanto mi piacesse.
Peccato che, come sempre, in quel periodo fossi tenacemente fidanzata con uno dei tanti investimenti affettivi sbagliati della mia vita. E non ero la tipa che si sarebbe mai permessa di tradire. Allora.
Ecco: lui avrei potuto testarlo personalmente, ma preferii lasciar perdere.
Non particolarmente bello ma affascinante, intelligente, ironico ed intenso, oggi come ieri pare non aver perso un bruscolo del suo appeal, quello che mi faceva sognare di abbandonarmi fra le sue braccia e di lasciarmi baciare con dolcezza, mentre il mio lui dell’epoca era sbrigativo e col chiodo fisso, ma senza una vera intenzione di comunicare qualcosa che non fosse solo mero sfogo fisico.
Sarà che spacco il capello in quattro, che se mi sfuggisse un puntino su una i non sarei più io, ma rivendico il diritto ad essere una zitella di ritorno che ha provato ad avere la bocca buona, senza riuscirci.
Nossignori: non mi accontenterò mai più. Meglio, molto meglio condividere il bisogno di amore con la papera di pezza che mi fa compagnia da oltre un anno.
Tenera, dolce, muta.
– Ma’, se hai fretta vai, perchè ci metto almeno dieci minuti.
– Nessun problema, nessuna fretta.
Quasi insieme a lui entra in cortile un uomo che infila la porta del commercialista che ha lo studio sotto. Lo conosco di vista: ha un negozio di abbigliamento per bambini.
Di statura media, è quasi calvo e tracagnotto. Indossa un giubbino che lo rende ancora più goffo, e cammina con le gambe arcuate. Alla John Wayne, per intenderci.
Non è palesemente il tipo estetico che preferisco, e giuro che nella mia descrizione non c’è nemmeno l’ombra di qualcosa che possa anche solo minimamente assomigliare al disprezzo.
Ma il punto non è questo.
– Come farà l’amore?– mi sono chiesta guardandolo caracollare verso lo studio.
Ho proiettato per me stessa un brevissimo film mentale: l’uomo è focoso e potente, ma poco attento ad attenzioni e preliminari.
Così, per ingannare l’attesa nel silenzio e nel buio della mia sempiterna twingo color puffo strozzato, ho preso ad osservare la fauna maschile di passaggio.
R., che è un bell’esemplare, già protagonista di un vecchissimo sogno che riportai fedelmente in un vecchissimo post, probabilmente è annoiato dalla vita coniugale, ma ha due figli e, per quel che ne so, è uno che mai tradirebbe sua moglie.
Assolve ai suoi doveri con diligenza, ma senza vera passione.
Il galletto nel pollaio, cioè l’unico impiegato maschio del commercialista, alto, ben costruito e moro, sui trenta, è appetibile, senza dubbio, ma…ipotizzo sia bravo sì, ma solo a mostrare quanto è bravo.
Il marito di mia cugina era un bel tipo: il lavoro sedentario e il caratterino di sua moglie lo hanno imbolsito e gli hanno dipinto sul viso un’espressione corrucciata che non sparisce nemmeno se ride.
Quando lo fa, se lo fa, sfoga l’appetito del momento e domani è un altro giorno, come tutti quelli che lo tediano da un lungo rosario di anni.
Mio cugino, invece (il mio è un condominio ad alto tasso parentale, ma ci si incontra solo per strada), probabilmente si addormenta durante. Ma in fondo è sempre stato un’acqua cheta: così cheta che sta con la stessa donna dai tempi del liceo.
E adesso hanno trentasei anni e nessun figlio perchè lei vuole prima uscire da una situazione di precarietà scolastica che a me dà da pensare, considerato che mia sorella, che ha qualche anno più di loro, precaria ci invecchierà.
Mentre mi attorciglio fra i tentacoli dei miei pensieri sconnessi un’auto si accosta dall’altra parte della strada privata, parallela alla mia.
Mi chino fingendo di cercare qualcosa nel vano portaoggetti, perchè lui è un mio antico spasimante, ed io non ho voglia di saluti nè di convenevoli ipocriti.
Che ci fa dalle mie parti?
Va dal commercialista, dall’architetto o in ludoteca a giocare con i cubi di plastica? Ha più o meno la mia età, e una figlia che ha due anni più dell’unno.
Lo vedo allontanarsi in fondo alla strada, e subito perdo la cognizione del tempo per rituffarmi un attimo a pensare a quanto mi piacesse.
Peccato che, come sempre, in quel periodo fossi tenacemente fidanzata con uno dei tanti investimenti affettivi sbagliati della mia vita. E non ero la tipa che si sarebbe mai permessa di tradire. Allora.
Ecco: lui avrei potuto testarlo personalmente, ma preferii lasciar perdere.
Non particolarmente bello ma affascinante, intelligente, ironico ed intenso, oggi come ieri pare non aver perso un bruscolo del suo appeal, quello che mi faceva sognare di abbandonarmi fra le sue braccia e di lasciarmi baciare con dolcezza, mentre il mio lui dell’epoca era sbrigativo e col chiodo fisso, ma senza una vera intenzione di comunicare qualcosa che non fosse solo mero sfogo fisico.
Sarà che spacco il capello in quattro, che se mi sfuggisse un puntino su una i non sarei più io, ma rivendico il diritto ad essere una zitella di ritorno che ha provato ad avere la bocca buona, senza riuscirci.
Nossignori: non mi accontenterò mai più. Meglio, molto meglio condividere il bisogno di amore con la papera di pezza che mi fa compagnia da oltre un anno.
Tenera, dolce, muta.