A giocare con le parole ci si può far male: anche se non si voleva affatto giocare.
Nel post precedente ho pubblicato una pagina estrapolata dall’ultimo libro di Valeria Parrella:“ciao maschio”, uno scritto nato per il teatro, prodotto in seguito dallo Stabile di Napoli e portato in scena nel novembre del 2009 con la regia di Raffaele Di Florio e l’interpretazione di Cristina Donadio.
Alla fine del libricino c’è anche un’interessante chiacchierata dell’autrice con la brava Lella Costa.
Mi sono chiesta il perchè delle reazioni piccate degli uomini, e qui è facile arrivarci, ma non sono riuscita a spiegarmi qualche critica, un po’ aspra, da parte di donne, mie amiche.
Probabilmente son stata tanto carogna da pubblicare solo quello che sentivo potesse avere un senso per me ed il mio vissuto, anche se, con molta onestà, ciò che è descritto in quelle righe è di una ripetitività amara, piuttosto comune.
Non avevo intenzione nemmeno di generalizzare, poichè donne e uomini sanno essere ugualmente crudeli: nel gioco delle relazioni interpersonali, della costruzione di un rapporto, delle rivalità mai apertamente dichiarate ma sottese.
La donna di una certa età che rivede, come in un sogno delirante, tutti gli uomini che le hanno attraversato la vita, parla loro e riceve risposte, dopo averli relegati in due metaforici settori: quello dell’accoglienza, e l’altro, della libertà.
E’ un dialogare silenzioso, stanco, quasi arreso. Fatto di rimpianti e di consapevolezze, di prese d’atto e di piccole ripicche vive solo nel ricordo.
Fino alla fine del libro: quella che non ci si aspetta.