Nebbia d’inverno

Stamattina a mio padre hanno portato via altri due cancretti di qualche millimetro. 
A volte certe brutte malattie ti danno tempo e modo di poterle fronteggiare in maniera efficace, garantendoti una qualità di vita decisamente buona.
Certo, la natura del male è subdola quanto la spada di Damocle che ha sulla testa, ma spesso si muore senza preavviso. 
Esci di casa dopo aver salutato e non torni più.
Oggi ho respirato odore di primavera: sarà stato il cielo di un turchese nitidissimo, o le gemme che ho notato su un arbusto spoglio, mentre aspettavo che si aprisse il cancello elettrico.
Sguardo in alto, germogli, profumo di risvegli. Eppure mi sono sentita molto malinconica. 
Monca. Mutilata e sola.
Perennemente votata a trascinare la vita perchè devo, e non perchè mi faccia veramente piacere.
Ho imparato, per sommi capi, a prendere quello che posso, ad accontentarmi, a farmi bastare scampoli di affetto a volte disinteressato e a volte no.
Sopravvivo cercando forme di vita nel bicchiere mezzo pieno che sto esercitandomi a vedere: nonostante mi riesca ancora molto difficile.
Oso un attimo di outing: mi manca qualcuno da poter amare, riamata.
Ciò non ha a che vedere con matrimoni, convivenze e catene varie.
Mi piacerebbe solo una sana ed euforizzante reciprocità.
Rien de rien.
Posso solo raccattare ritagli di tempo fra una cosa da fare e un’altra, profferte di amore chiamato così solo per evitare di sembrare prosaici, inviti a cena con dopocena incluso.
Sembrandomi ciò un po’ squallido e deludente, stiracchio i miei anni cercando di rendermi utile a chi mi vuole bene davvero.
E forse non è un caso se quando penso ad uomo accanto a me continuo a tornare indietro nel tempo, anche se quell’uomo non l’ho mai avuto veramente accanto.
Ma eravamo due pezzi compatibili dello stesso puzzle, e quest’idea non mi abbandonerà mai.
Anche se oggi mi tocca tuffarmi in un futuro freddo e incerto come la nebbia d’inverno.

Silje Nergaard with Pat Metheny – Tell me where you’re going