Le favole

Siamo stati giovani, generosi, pieni di vita anche quando da lontano occhieggiava, malevola, la tristezza.
Siamo stati giovani, belli e malmostosi, come si conveniva ad una generazione troppo avanti  per aver fatto la rivoluzione che, però, rimaneva dentro come un virus inattivato.
Poi siamo cresciuti, com’è nell’ordine dell’evoluzione della specie, e abbiamo imparato a convivere con i compromessi delle convivenze forzose, e della delusione per la caduta degli ideali, e degli dei.
Son cresciuta anch’io, forte e debole delle mie strade parallele, mai uguali a quelle di chi aveva seguito più o meno i miei percorsi.
Come gli altri ma diversa. Sempre.
Mai omologata, nonostante, con malcelato orgoglio, facessi ogni tentativo, possibile e non, di sentirmi parte di un gruppo che mi inglobava senza comprendermi.
Sul nastro della memoria che si riavvolge al contrario passano volti, risate, Nicola con i denti storti e gli occhi azzurri, sua sorella, bella e altissima, la mia bendisposizione d’animo frammista alla ritrosia che mi era rimasta addosso come un marchio, dopo gli anni delle suore.
Un’aria da giovane sfinge che mi teneva a distanza di sicurezza dagli altri, amati e temuti allo stesso modo.
Solo pochi anni fa un testimone del tempo che fu mi disse di una me che percorreva la strada con i jeans e un berrettino a cloche, e l’aria sfrontata.
Peccato che il tempo porti via con sè anche quegli sparuti ricordi che avremmo voluto custodire dentro di noi, come le foto d’infanzia che si tirano fuori per farsi due risate con gli amici, o per piangere in silenzio.
Io ho caro il mio passato, senza del quale non sarei quella che sono oggi.
Una rompiscatole, negativa e piagnona, a detta di molti.
Ma se questa gente sapesse quanto poco mi frega, di lei…
Io sola mi conosco veramente, e mi spiace davvero di non essere ancora perfettamente in grado di volermi il bene che merito. Tutto.
Non sono stati  alcuni incidenti di percorso, e certi incontri sbagliati, ad aver scalfito la mia integrità.
Mi hanno fatto molto male, ma quel tipo di male che, prima o poi, torna al mittente con gli interessi.
Io son rimasta me stessa, senza compromessi e richieste di elemosina.
L’amore non si elemosina mai, nè si butta via come perle ai porci: ne avremmo in cambio solo pochi centesimi di carità della peggiore specie.
Son rimasta com’ero: insicura e tormentata, ma fiera della mia onestà: quella che, in un tardo pomeriggio di un ottobre che si allontana sempre più nel vortice della vita che risucchia se stessa, mi portò a fissare il sole al tramonto, in cima al campanile di una chiesa in restauro, facendomi sentire  piena di una straordinaria forza.
Sono ancora quella donna: quella stessa donna di sette anni fa.
Oggi ho meno speranze, ma la certezza di saper bastare a me stessa senza aver più bisogno di credere alle favole.
A pensarci bene, non ci ho mai creduto veramente: nemmeno quand’ero bambina.

Cat Stevens – Hard headed woman

2 pensieri riguardo “Le favole

  1. Musicale, molto musicale ( Cat stevens compreso). Riflettendoci hai sempre scritto così: c’è una melodia naturale in quello che metti nero su bianco. E’ talmente coinvolgente da farmi annuire anche quando non sono d’accordo e uccidere le favole mi sembra un reato. Devo essere sincero con te, scrivi da Blog in modo perfetto, adeguata concisa e ficcante dove devi, eterea e liquida come la musica subito dopo e tutt’attorno. Avrei voglia di conservarti su carta Nico, di non far disperdere un patrimonio così. Devi essere fiera anche se in fondo It’s the same old story.

  2. Fiera di cosa, Enzo?
    A volte mi piace quello che scrivo, ma solo perchè mi pare di essere riuscita ad esprimere esattamente quello che volevo.
    Uccisione delle favole compresa.
    Vedi, se non ce ne avessero raccontate, di favole, saremmo cresciuti con meno illusioni e più lucida consapevolezza.
    Non è un caso che le favole, a mio figlio, le abbia sempre raccontate mia madre.
    Io preferivo cantare per lui.
    Salutiamo. Con affetto.

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