Better

L’umidità ha spalmato e coperto tutto di caligine.
Avevo attribuito la causa ad un mezzo spargibitume, per strada.
Queste mattine soffocanti, immote, sembrano le cartoline dei film, quelle che ad una certa inquadratura si animano e portano lo spettatore indietro nel tempo.
La tabaccheria è fresca e illuminata nel modo giusto.
La ragazza al banco è piccola di statura e di bacino mediterraneo, ma ha una testa che va a trecento.
Porta i capelli castani lunghi e ricci, tenuti indietro da una fascia. Ha occhi intelligenti, che scrutano, e una piccola bocca dal taglio volitivo: di quelle che fingono di corrucciarsi, increspandosi in un broncio apparente.
Mentre mi risolve un problemino con fare esperto e rassicurante osservo i quadri sulla parete del corridoio lungo il quale si muove veloce, andando avanti e indietro senza sosta, sparendo in un
retrobottega laterale.
Sono quadri di sigari di tutte le fogge e specie: alcuni sembrano biscotti di cioccolata, altri proiettili, altri semplicemente quello che sono.
Al soffitto pende una ventola modello coloniale: per un attimo mi permeo di un’atmosfera intensamente hemingwayana. Solo il tempo di veder tornare “bocca corrucciata”.
“E’ tutto a posto, signora”.
Due ragazzi giocano con una macchinetta elettronica su cui cinque luci si rincorrono come le serie luminose di un albero di natale.
Un uomo che mi ispira un senso di antipatia istintiva chiede una ricarica telefonica, scandendo i numeri con voce stentorea e puntigliosa.
Una ragazzetta chiede delle Marlboro rosse. Dure. Avrà all’incirca l’età di mio figlio.
Saluto ed esco, rituffandomi nell’aria pesante di queste mattine di fine luglio.
In quest’aria collosa che toglie anche il respiro.

Sergio Caputo – Hemingway caffè latino