Allunaggi

Alcune sere fa sono rimasta a parlare con mio padre fino a tardi. A parlare di vecchie storie.
Familiari della famiglia propriamente detta, e di quella alla quale non siamo mai stati ammessi, se non da qualche membro di larghe vedute.
“Toh che dolore”, ho sempre pensato, perchè non ho mai avuto la propensione ad elemosinare
legittimazione, riconoscimento e cose così.
Orgoglio? Sano amor proprio? Non mi pongo neanche questo problema: ho (ancora) un padre e una madre, e tanto basta.
E poi la politica: allora ed oggi. Com’era durante la guerra e subito dopo. Anche molto dopo.
Così ho scoperto di aver avuto uno zio partigiano (sarebbe più corretto dire ziastro, ma suvvia, non sottilizziamo), un militare che all’armistizio non seguì i tedeschi e finì fucilato in un campo di concentramento.
Guardavo mio padre parlare, parlare. Assorta, perchè lui ha carisma, ed è una miniera di ricordi, di storia imparata e di storia vissuta.
Perchè è un uomo di grande spessore: uno di quelli dalla parte dei deboli e dei diseredati senza spirito demagogico ed inutilmente populista.
Me lo godo finchè c’è, e ricordo quasi con un pizzico di nostalgia gli anni furiosi della contestazione, la mia ribellione di figlia critica e i muri contro muri che erigevamo di continuo con reciproco ignorarci per giorni.
“Siete troppo simili”, sentenziava mia madre, e forse non aveva tutti i torti.
Oggi abbiamo l’età dei ripensamenti pleonastici.
E’ molto anziano e me ne sto ad ascoltarlo volentieri: bene, ma bene che vada fra qualche anno diventerà un ricordo anche lui. Un ricordo tenuto in vita dalla mia volontà di custodirlo nel cuore.
Who knows?
A malapena riusciamo a sapere chi siamo: pretendere di conoscere quel che sarà di noi sarebbe folle, oltre che inutile.

Cat Stevens – Father and son