Sono uno spirito semplice. Semplice ma contorto, e non è un’incongruenza.
Ognuno, dopotutto, è quello che è, o è come gli pare.
Vorrei capire alcune cose, ma forse le ho capite da tanto senza rendermene conto.
Senza essermene resa conto.
Mentre spaccavo ogni capello in quattro, di giorno, e di notte alternavo lunghe ore insonni a sceneggiature oniriche orrendamente affascinanti.
Ci sono, non ci sono più. Aspetto ed eventualmente accetto. Come tutti.
Un copione, un bicchiere di vino, una malattia. Un lutto. Un amore.
Un miracolo no, perchè ai miracoli non credo.
E’ tutto indistinto, mescolato confusamente nel calderone che chiamiamo vita.
Ho un vuoto in testa. Assenza di pensiero per l’eccesso di pensieri.
Mia sorella mi dice:” sei una donna forte”, ma io non so nemmeno se sono ancora una donna.
Ammesso che lo sia mai stata, al di là di un corpo che mi qualifica nel genere, mio malgrado.
Asessuatamente rivango e compongo. Pavento e preparo strategie di difesa.
Dal dolore. Dalla morte. Dal distacco.
Dal dover dire a tutti che non ho paura perchè non posso permettermi di averne.
In modalità off tutto è possibile: anche l’inconfessabile. Anche la sensazione, molto realistica,
di sentirsi seppelliti in una situazione difficile, ma avulsi da essa al tempo stesso.
Non è il periodo più smagliante della mia vita, ma stranamente tutto diventa chiaro e logico.
Scarnamente razionale.
Non ho più voglia di giocare, ma nemmeno di cedere all’Angoisse.
Non ho più voglia, nè voglie. Cammino. Vado avanti.
Mi sveglio, se ho dormito, e mi alzo se ho passato la notte con gli occhi fra il monitor e il soffitto.
E’ sempre stata la mia quotidianità, ma oggi le emozioni si sono ibernate, anzi autoibernate senza chiedermi il permesso.
L’anarchia paga. Quasi sempre.
Ognuno, dopotutto, è quello che è, o è come gli pare.
Vorrei capire alcune cose, ma forse le ho capite da tanto senza rendermene conto.
Senza essermene resa conto.
Mentre spaccavo ogni capello in quattro, di giorno, e di notte alternavo lunghe ore insonni a sceneggiature oniriche orrendamente affascinanti.
Ci sono, non ci sono più. Aspetto ed eventualmente accetto. Come tutti.
Un copione, un bicchiere di vino, una malattia. Un lutto. Un amore.
Un miracolo no, perchè ai miracoli non credo.
E’ tutto indistinto, mescolato confusamente nel calderone che chiamiamo vita.
Ho un vuoto in testa. Assenza di pensiero per l’eccesso di pensieri.
Mia sorella mi dice:” sei una donna forte”, ma io non so nemmeno se sono ancora una donna.
Ammesso che lo sia mai stata, al di là di un corpo che mi qualifica nel genere, mio malgrado.
Asessuatamente rivango e compongo. Pavento e preparo strategie di difesa.
Dal dolore. Dalla morte. Dal distacco.
Dal dover dire a tutti che non ho paura perchè non posso permettermi di averne.
In modalità off tutto è possibile: anche l’inconfessabile. Anche la sensazione, molto realistica,
di sentirsi seppelliti in una situazione difficile, ma avulsi da essa al tempo stesso.
Non è il periodo più smagliante della mia vita, ma stranamente tutto diventa chiaro e logico.
Scarnamente razionale.
Non ho più voglia di giocare, ma nemmeno di cedere all’Angoisse.
Non ho più voglia, nè voglie. Cammino. Vado avanti.
Mi sveglio, se ho dormito, e mi alzo se ho passato la notte con gli occhi fra il monitor e il soffitto.
E’ sempre stata la mia quotidianità, ma oggi le emozioni si sono ibernate, anzi autoibernate senza chiedermi il permesso.
L’anarchia paga. Quasi sempre.
Pascal Comelade – Russian roulette *
*grazie ad Alessandro per l’involontaria ispirazione musicale.