Libera selvatica insolente

In tua compagnia ho respirato un’aria nuova, e l’ho respirata a pieni polmoni.
Un’aria pulita e serena, l’aria della voglia di vita, priva di barriere e impedimenti creati dall’uomo e dalla sua straordinaria capacità di complicarsi la vita.
Avere la determinazione giusta per pretendere un futuro degno di essere sognato e voluto con ogni fibra di se stessi.
In fondo basta poco: forza nelle gambe, e un punto dell’orizzonte a cui mirare.
Magari la vetta nitida del Fuji che guarda Tokyo.
E la consapevolezza che i sentimenti diventano veleno se ostacolano i nostri progetti e le aspettative più vere.
Non è facile rinunciare ad un uomo devoto, ad una comoda vita pianeggiante, senza l’astuzia di un’altura o la prova di un monte da affrontare.
La volontà incespica su se stessa per un attimo: poi torna a fissare quel punto lontano, e regala nuova forza a due gambe che si rimettono in moto, che corrono, che vanno via, verso la salvezza.
Non so se io avrei fatto lo stesso: non ho avuto amori o koibiti, e sempre fuggo dai miei fantasmi, e dai sensi di colpa che si nutrono di pensieri inconsistenti.
Rinunciare alla solidità della certezza per non accettare compromessi, per aver salva la propria indipendenza: il tuo insegnamento è il mio cruccio delirante.
Ti ho amato perchè ho visto in te, riflessa, l’ombra della donna che non sono stata: una donna libera da se stessa.
La mia seconda lettera d’amore, promessa a Willy aderendo al suo gioco letterario, è dedicata
a  “Nè di Eva nè di Adamo”,  di  Amélie Nothomb, la scrittrice belga che ha (ri)svegliato in me un’attrazione incredibile per un Paese che, prima, avevo sempre considerato noioso, popolato di uomini piccoli e donne piccole con la macchina fotografica appesa al collo anche a letto.
Questa volta non incateno, ritenendo che una lettera d’amore, comunque la si voglia impostare, perfino componendola a pezzetti come un puzzle, sia l’esercizio scritto della voglia di coltivare ancora una speranza.