La finestra non è quella di Hitchcock, e nemmeno quella di Ferzan.
L’ho notata all’improvviso, uguale alle altre, perchè lascia passare la luce attraverso la tenda, anche nel cuore della notte.
Io dormo poco, e generalmente male. Se ho la fortuna di “azzeccare” un po’ di ore insieme la pago cara, con una serie di incubi degni di Saw o, nella migliore delle ipotesi, trovandomi immersa fino al collo in storie sconclusionate e senza alcun apparente collegamento con la mia realtà.
La notte scorsa, per dirne una, mi sono ritrovata a comprare barattoli giganteschi di miele, discettando di sali minerali e nutrienti che nemmeno un nutrizionista con le palle.
Contrattando anche sul prezzo, eh? nonostante di mio sia l’esatto contrario di una che ha il commercio nel dna.
Tutto ciò mentre mio figlio mi invitava a farla meno lunga, “altrimenti il passaggio a livello si chiude e ci blocca, ma’ “.
In effetti abbiamo fatto in tempo, lui mugugnante al posto di guida, io con i miei barattoloni duramente “mercanteggiati”.
Sarà che non sono mai stata veramente abituata alla dolcezza altrui, e perfino alla mia?
Boh: Freud è morto, e nemmeno io mi sento tanto bene (citazione modificata).
Intanto la finestra si è illuminata poco fa: devo spostarmi leggermente a sinistra per scansare lo stipite fra le due ante a vetro della mia.
E questo gioco di “alza gli occhi dallo schermo del portatile (monitor del notebook forse fa figo, ma io NON DEVO dimenticare le mie origini puriste), rimetti gli occhi sullo schermo” andrà avanti ad libitum.
Vorrei quasi provare a tirare il più tardi che posso, giusto per vedere se essa (la santa finestra) si spegne, almeno una volta, prima della mia.
Mi attrae, mi sussurra, mi invita a guardarla come, ipotizzo, si potrebbe guardare una donna intrigante (o un uomo, it depends).
L’immaginazione è lanciata al galoppo, e devo ammettere che questa futilissima e inutile attività mi riesce molto bene.
Pensare agli altri nelle loro esistenze: a chi, a che cosa serve?
Quando pedalavo per ore, negli interminabili pomeriggi estivi di alcuni anni fa, scrutavo tende, balconi, teli stesi ad asciugare al sole del tramonto.
Oggi cammino perchè lo devo al mio corpo, e alle sue defaillance.
E, camminando, mi fermo ad osservare, a cogliere un attimo imprevisto con la fotocamera in tasca. A costo di sembrare una pazza suonata.
La finestra ha smorzato appena la luce: forse la donna, l’uomo o il rettiliano si sta rilassando davanti a un film.
Forse legge, pensa, fa l’amore.
Io sono qui con i miei amici silenziosi, ma credo che non la porterò troppo per le lunghe.
Fra un po’ spegnerò la luce e porterò la mia insonnia altrove: quello che ci sfiora senza toccarci è e sarà sempre un mistero.
O, molto più semplicemente, il famoso pacchetto di cazzi altrui che non ci riguarda.
Ti riavverto e leggo più inquieta del solito. Le tue scelte musicali però non le sbagli mai :-) (la versione live che hai scelto è quella che davvero rende giustizia al brano come lo stesso Bowie ha dichiarato).
Mi hai ricordato “Camera con vista” di Forster.
Il fascino delle finestre credo catturi un po’ tutte le anime sognatrici: vediamo una storia dietro a una tenda o a un vaso di fiori, cerchiamo la storia di una vita in una lattina schiacciata o in una borsa abbandonata accanto al secchione. Cerchiamo la vita.
Letto. Daniele ha ragione ed io ti osservo attento. A luce spenta.
FORMIDABILE!
adoro Bowie. sulla questio insonnia dormo come un sasso da sempre. sarà che durante il giorno fatico molto. mi sa che non centra nulla. conosco persone che si sbattono molto ma non dormono uguale. solidarietà per costoro
Un saluto e un “grazie” a tutti voi.
Mentre la natura si risveglia io vado in letargo per un po’.
Ormai mi capita sempre più spesso, ma forse è giusto così.
Torno presto.
Spero.