Mi sono nutrita di musica durante un interminabile periodo buio perché il concetto di futuro appare una nebulosa indistinta ad una giovane ragazza insicura, tormentata da paure e incertezze di ogni genere.
Il mio vero essere l’ho celato bene dietro un’apparenza dura, scettica, a volte cinica.
Poi, inevitabilmente, arriva il momento in cui ti siedi su una grossa pietra lungo la sponda del fiume e, guardando stancamente lo scorrere dell’acqua, ti chiedi chi tu sia, adesso, e chi sia stata quando più o meno tutti costruivano progetti sul tuo piccolo e povero essere in divenire.
Però succede che le previsioni delle Menti Eccelse siano costrette a scontrarsi con la sostanziale semplicità di una giovane donna sopravvalutata: una donna che avrebbe voluto solo un suo spazio e la sua vita.
La sua vita.
Come se pretendere di avere una piccola vita da spendere secondo il proprio modo di essere e di concepire gli accadimenti fosse un lusso, piuttosto che un banalissimo diritto.
Cresci cercando di far tesoro del buono ricevuto, mettendo da parte senza remore ciò che non fa parte del tuo modo di essere e di pensare.
Vai avanti, certo: gli anni trascorsi sono un incentivo a tentare un parziale recupero di ciò che ti è toccato perdere strada facendo, mentre raccoglievi briciole e ti disponevi a ritrarti in un angolino per non creare problemi, paga di una manciata di caramelle beffardamente consolatorie.
Ovvio: in un mondo ipocrita, falso e raffazzonato non riesci nemmeno più a sperare che l’uomo sul destriero bianco ti porga una mano, invitandoti a salire con lui sulla sella, sussurrandoti piano che nessuno riuscirà mai più a separarvi.
Quindi, secondo l’allenamento di anni ed anni, prima di stenderti un po’ per non pensare raccatti la manciata di briciole che persino un uccello rifiuterebbe.
Le raccogli nel palmo di una mano e poi, dopo averle quasi spremute, le riponi in un bicchiere di plastica che sistemi sul comodino, accanto al tuo letto.
Chiudi gli occhi pensando che domani è un altro giorno, ma sai bene che domani sarà uguale a ieri, e a tutti i giorni che verranno.
Bruce Springsteen – Drive All Night
La foto è di Marlie Morante, Luz de Aurora Photography
Forse è qui il punto. Nell’uomo sul destriero bianco. Ho capito ben presto e forse in modo particolarmente feroce che il destriero era un ciuccio e che il cavaliere non era affatto da sogno. Da quel giorno io e me abbiamo imparato a diventare amiche e a vivere senza aspettare nessuno. Stiamo benone da sole, senza nulla togliere ai cavalieri e alle principesse.
Non avere aspettative rende la vita più piacevole.
Credo che l’attesa di qualcosa che ci salvi ci impedisca di vedere la nostra forza e la nostra bellezza. Entrambe si sono costruite sulle scelte, sopratutto sugli errori che abbiamo compiuto. Di ciò che abbiamo avuto, molto o poco, abbiamo tenuto, se non ci si è conformati, ciò che ci serviva, ciò che rispondeva a un bisogno, ciò in cui ci pareva di riconoscerci. Questo per dire che essere autosufficienti e aperti al mondo significa dominarlo e non esserne dominati, è che ci si arriva attraverso il vivere e questo è il suo bello. Vivere senza briciole e per ordinare il pranzo.
Ederlezi, Willyco, rispondo ad entrambi con una sola risposta perchè, grosso modo, avete espresso concetti simili.
Certo che mi basto (son 15 anni che vivo sola), ma forse non mi completo.
Ho provato anche a farlo, quando mi è parso ne valesse la pena, ma mi sono sbagliata, oppure ho fatto di tutto per sabotare ciò che prometteva di essere bello.
Son fatta così, cioè male.
E non mi aspetto niente sul serio, anche se raramente mi capita di pensare che un amore, forse, non mi farebbe male, nè mi priverebbe della mia autosufficienza.
Però il rischio “ciuccio” è sempre una possibilità da non trascurare assolutamente.