di tramonti

 

Il tramonto è il momento in cui il sole, prima di sparire sotto l’orizzonte, si lascia ammirare, civettuolo, per un breve saluto.

Poi se ne va, con l’eterna promessa di tornare presto.

Di solito la mantiene, salvo che la sua gioiosa bellezza non sia offuscata da nubi e nebbia.

Da noi non è frequente che accada; solitamente l’orizzonte, a ovest, infiamma gli stralci di cielo che giocano a rimpiattino con radi e rarefatti stracci dai sorprendenti colori cangianti.

E’ emozionante, il nostro tramonto dietro le non molto lontane montagne del Pollino, sempre nitide, nel loro stagliarsi contro l’orizzonte: soprattutto quando il vento è secco e libera l’orizzonte dalla foschia.

E’ il tramonto che mi riempie il cuore, quello dai cento colori che vanno dal rosa tenue al violetto, passando per un azzurro turchese che, di fronte al sole che si congeda, si tinge brevemente di riflessi dorati.

Ed è emozione, groppo in gola, gioia pudìca che prova imbarazzo nel manifestarsi davanti al sentire altrui: l’eterna incognita.

Solo un anno fa lasciavo mio padre in un negozio per allontanarmi un attimo e catturare i fotogrammi di un tramonto dai mille colori, compresso fra caseggiati l’uno quasi a ridosso dell’altro.

Pochi giorni fa mi son trovata davanti un bel cielo aperto, colorato, mirabilmente disteso dietro un grande albero la cui chioma, ancora brulla, toglieva ben poco alla magnificenza del dipinto in fondo.

Se solo potessimo riuscire ad essere veramente felici, al cospetto dei munifici doni gratuiti che sono patrimonio di tutti, forse il mondo intero sarebbe un posto migliore.

Il bello, quello vero, soccombe spesso schiacciato da pensieri molesti, preoccupazioni, costruzioni perfide e meticolose di tutto ciò che, al contrario, dovrebbe facilitare il nostro percorso, spesso impervio, verso la serenità di sentirci parte di un consesso armonico, veramente solidale e improntato all’amicizia. Quella vera.

Belle parole, ma alla fine ci si abitua a tutto: anche ai voltafaccia e al finto interesse che, lungi dall’essere partecipativo, è solo mirabile esercizio di stile “sepolcro imbiancato”.

 

Io, che negli ho sviluppato una scorza squamosa molto protettiva, mi stringo nel cappottino nero (un must), tiro fuori lo smartphone che scatta belle foto e mi avvio verso la strada che scende verso un dirupo. Immortalo “quel vecchio tramonto” che rimarrà sempre caro nel cuore.

Metto via presa da mille cose finchè, un anno dopo, il parente di quel vecchio tramonto mi si spalanca davanti agli occhi e all’obiettivo, quasi desideroso di catturare l’attenzione.

Ho premura e mi dico che potrei rinviare, tanto non c’è fretta.

Poi ci ripenso un attimo, mi fermo, tiro fuori il cellulare e punto la bellissima macchia di tanti colori, uno più sorprendente dell’altro.

-Clic- diversi clic, ma adesso, paga, posso riposare pensando che ho percorso un altro passetto verso quel che presto sarà, per me, soggetto/oggetto di immensa gioia.

Dopotutto osare è una piccola cosa.

 

Coro dei ragazzi: Disquisizioni che, alla fine, lasciano il tempo che trovano.

Riflettevo, non volevo disquisire. Di solito non si disquisisce da soli.

Coro dei ragazzi: Ma infatti tu disquisisci con te stessa. Non vale?

 

Annie Lennox – A Whiter Shade of Pale

 

 

 

 

 

 

Un pensiero riguardo “di tramonti

  1. Tramontiamo lentamente, chissà se se siamo anche noi uno spettacolo interessante: la tua scrittura lo è sempre stata. Conservala per noi Nico è sempre un piacere. Salutiamo

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