Ognuno ha il suo bagaglio di dolore, e sul dolore non si discute.
La diversità delle motivazioni è compresa dalla razionalità: il cuore segue i suoi percorsi impervi.
Un giorno come mille altri giorni, ventiquattr’ore di ordinanza: via un politico vetusto e molto discusso, via la gamba in cancrena di un anziano a cui voglio ancora molto bene, via un dolce coniglietto malato, via un uomo schiantatosi con l’auto contro un muro nel giorno del suo quarantesimo compleanno per un assurdo ed inconcepibile scherzo del destino.
Lacrime tornate a riaffacciarsi dopo anni di siccità assoluta: stura ad accumuli di dispiaceri come balle di carta compressa.
Noi siamo attori delle nostre piccole vicende: difficilmente possiamo sperare di deviare il corso di certi incroci inevitabili.
Una cappa di piombo mi fa compagnia mentre nella mente scorrono, in ordine sparso, le immagini della chiesetta semibuia a Corfù, dove una giovane donna piangeva col mento sulle mani incrociate, e quelle degli altarini illuminati fiocamente da piccoli ceri lungo i cigli delle strade.
Mi sono chiesta a lungo cosa avesse nel cuore quella donna, ma spesso possiamo solo sfiorare il dolore altrui, senza potervi porre rimedio.
Così, tornando a casa, abbiamo visto un cagnolino bianco per strada.
Lo abbiamo seguito per riuscire a capire se avesse un posto in cui ripararsi.
Lo abbiamo ritrovato con un fratellino e la mamma, più un cane poco somigliante alla progenie, ma sicuramente più fiducioso nel genere umano.
All’improvviso abbiamo visto tante lucciole accendersi e spegnersi fra i papaveri e gli olivi dietro i muretti a secco: da quanto tempo non ne vedevo una?
Il mio a_ mico si è meravigliato come un bimbo: lui, cittadino, non le aveva viste mai.
Così ho deciso che me ne andrò a vivere in un posto che abbia un giardino grande a sufficienza da accogliere la mia futura arca di Noè.
Chi mi ama o mi amerà, ammesso che ciò possa accadere, dovrà solo avallare questo mio fermo proposito.
Io amo chi mi ama: la cantastorie degli amori infelici non abita più qui.
Beh…io ti amo! Non vedo una lucciola dall’estate del 1981 in Maremma, credo che sia stato la mia ultima estate di vera gioventù. Ciao Nicoletta, addio cantastorie di amori infelici, benvenuta nocchiera della nuova traversata. BRAVA!!!!!!!!!!!!!!!
Il dolore degli altri nemmeno possiamo sfioralo, al massimo guardarlo, guardare la sofferenza ed il sofferente; gli amici, le amiche, servono anche a quello…
Tutti ne abbiamo bisogno. Anche io.
Sono contenta che tu abbia tagliato la corda; la vela è spiegata e il mare grande.
La corda intesa come fune che ti teneva ancorata a un molo di tristezze, non “tagliato la corda” nel senso di fuga… ;-)
Un grosso abbraccio e sii serena quanto più riesci!