Chiusi.
Inscatolati nelle nostre convinzioni acquisite sul campo o indotte, chissà.
Guardiamo il mondo, quello vivo, correre veloce e, talvolta, sfiorarci i fianchi.
Rallentiamo ulteriormente il passo per paura di essere coinvolti, inglobati in consessi che ammiriamo, ma che danno forma alle nostre paure.
Noi dai nostri timori più angosciosi stiamo lontani come da una malattia rara.
Il ghetto psicologico nel quale troviamo riparo ci fa sentire protetti, e sicuri che niente di brutto ci accadrà, almeno fino a quando ci terremo per mano tra di noi.
Là fuori la gente si muove veloce, come le nuvole stratificate in specie diverse: così belle che verrebbe voglia di dipingerle.
Noi le guardiamo passare in alto, con la mano tesa sulla fronte, e sappiamo di non appartenere ad un mondo per il quale uno più uno dà sempre due.
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