tu che ne sai?

Stanotte sono entrata in un sogno e non ti ho chiesto il permesso, così come tu non l’hai chiesto a me.
Ci siamo ritrovati a parlare del passato – ciò che non è più – ipotizzando manciate straccione di un futuro – ciò che non è ancora – delimitato da veti, condizioni e chilometri di filo spinato.
Ho guardato i tuoi riccioli scuri spruzzati appena di bianco come certi alberi finti a Natale, i segni beffardi del tempo che è passato anche sul tuo viso e intorno agli occhi verdi – quelli di sempre – appena velati di nostalgia avvelenata perché, si sa, le storie finite lasciano sempre cicatrici di torti inflitti e subiti.
Lo so, non è mai giusto, ma l’inevitabile pare quasi un passaggio obbligato.
Sempre fascinoso, insolitamente duro, ti sei accomiatato dal mio viaggio onirico promettendo di tornare a trovarmi. Non per rivivere attimi preziosi di una gioia morta con noi.
Il risveglio mi ha usato la cortesia di anticipare: dopotutto il sapore di certi sogni si stempera in quello del tè del mattino.
Così mi sono lavatavestitatruccata e ho messo in moto la Clio che tengo parcheggiata sotto la distanza fra due chiome di pini che si guardano da decine di anni. Probabilmente gli stessi ai cui rami mio padre aveva legato due altalene.
Ho messo in moto e disappannato il parabrezza, ché qui c’è un’umidità che a volte fa piangere i muri.
Ti sogno spesso, dolcissimo anacoluto.
Fai parte dei ricordi belli: quelli che si vorrebbero rivivere almeno un’altra volta, magari facendo un capitombolo a ritroso.
La strada davanti è sempre la stessa, ma tu che ne sai?

Coro dei ragazzi: ma pensi ancora agli amori finiti?

Stavolta può succedere che uno scappellotto non ve lo tolga nessuno.

Un pensiero riguardo “tu che ne sai?

  1. eppure il “passato” ritorna e non solo nei sogni e spesso dimentica gli inconvenienti e i distinguo, l’abbiamo vissuto e non è più solo nostro…

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